L’assistente capo coordinatore della polizia penitenziaria Antonio Caiazza rinviato a giudizio per il 27 marzo
VASTO – È stata assolta con formula piena perché il fatto non sussiste la ex direttrice del carcere di Vasto e coordinatrice dello staff multidisciplinare di accoglienza e sostegno Giuseppina Ruggero, mentre è stato deciso il rinvio a giudizio per l’assistente capo coordinatore della polizia penitenziaria Antonio Caiazza, durante l’udienza svoltasi ieri davanti al tribunale di Vasto per il suicidio dello psichiatra e dirigente Asl di Pescara Sabatino Trotta.
“Non ho mai avuto dubbi sull’assoluzione della mia assistita – ha dichiarato il legale di Ruggero, l’avvocato Massimo Solari -, per questo ho chiesto il rito abbreviato, essendomi reso conto che non c’era nessuna responsabilità nel suicidio del povero Trotta”.
Un suicidio avvenuto nel carcere di Vasto il 7 aprile 2021, a poche ore dall’arresto del dirigente nell’ambito di un’inchiesta su una gara da più di 11 milioni di euro indetta dalla Asl pescarese per l’affidamento della gestione di residenze psichiatriche extraospedaliere.
Tornerà invece in tribunale il 27 marzo prossimo Antonio Caiazza, difeso dal legale Marisa Berarducci, per il quale l’ipotesi di reato è quello di omicidio colposo e violazione di norme sulla prevenzione di suicidi e di sorveglianza in generale, perché “avrebbe cagionato o comunque non impedito il decesso di Sabatino Trotta”, che si è impiccato con il laccio dei pantaloni della tuta legandolo al gancio di apertura della finestra.
Trotta, al tempo dirigente medico dell’Asl di Pescara, era finito in carcere su disposizione del Gip Nicola Colantonio come richiesto dalla Procura della Repubblica per presunta gara pilotata per la gestione di residenze psichiatriche extra ospedaliere, del valore complessivo di oltre 11.3 milioni di euro.
L’uomo aveva 55 anni ed era di Castiglione a Casauria, ma residente a Spoltore. Trotta si è suicidato impiccandosi con il laccio dei pantaloni della tuta legandolo al gancio di apertura della finestra, perdendo così la vita nonostante i soccorsi della polizia penitenziaria e degli operatori del 118.
Sarebbero infatti state commesse delle omissioni in seguito alle quali Trotta avrebbe saltato il protocollo che viene normalmente applicato all’ingresso in carcere dei detenuti, ovvero la visita effettuata dallo psichiatra e dal psicologo, togliendosi poi la vita in cella a poche ore dall’arresto.
Trotta, inoltre, non sarebbe stato sottoposto ad alcuna perquisizione dopo il suo ingresso nel carcere di Vasto, avendo così modo di impiccarsi con il laccio del pantalone della sua tuta.
Si tratta di un gesto che si sarebbe ovviamente potuto evitare se l’uomo fosse stato sorvegliato e custodito costantemente come previsto dalle norme. A Trotta fu anche permesso di tenere nella propria cella un televisore, che gli ha dato modo di seguire tutte le notizie che parlavano del suo arresto.