Il carcere di Teramo vive da tempo una situazione di sovraffollamento di detenuti e sotto organico degli agenti di polizia penitenziaria
TERAMO – Ieri pomeriggio nel carcere di Castrogno di Teramo si è verificata l’ennesima aggressione da parte di un detenuto ai danni di un agente di polizia penitenziaria. La denuncia e il grido di allarme arrivano dalle segreterie sindacali Sappe, Sinappe, Cisl, Cgil, Osapp, Uil-pa e Uspp. Un nuovo grido d’allarme che si aggiunge agli altri sul sovraffollamento dell’istituto e sulla carenza di organico dei dipendenti.
Nell’episodio di ieri un detenuto della provincia di Pescara, ristretto in uno dei reparti di media sicurezza e già noto alle cronache penitenziarie e all’autorità giudiziaria per aggressioni al personale, ha tentato di strangolare un agente di polizia penitenziaria dopo averlo minacciato di morte e aver preteso l’impunità incondizionata. L’intervento del personale ha messo fine all’aggressione ed evitato importanti conseguenze per l’agente che, dopo essersi recato al pronto soccorso, è stato dimesso con tre giorni di prognosi.
“Appare urgente denunciare l’immobilismo dimostrato dal superiore ufficio detenuti presso il Provveditorato interregionale Lazio Abruzzo e Molise, che da diversi giorni era stato allertato circa la situazione del detenuto aggressore”, scrivono in una nota le segreterie sindacali.
“Infatti, giorni addietro lo stesso si era reso protagonista di disordini e atti di violenza, che evidentemente erano motivo valido per un allontanamento dall’Istituto di Teramo ma il Provveditorato silente rigettava più volte le richieste di trasferimento inoltrate. Le O.S. unite in intestazione chiedono l’immediato allontanamento del facinoroso in base a specifiche circolari dipartimentali e al fantomatico protocollo operativo, oramai in vigore da mesi e la contestuale rimozione del dirigente in servizio all’Ufficio trasferimenti detenuti del Provveditorato Lazio, Abruzzo e Molise”.
Non da ultimo i sindacati tornano a sottolineare “la difficoltà a lavorare, con una popolazione detenuta che ha raggiunto un sovraffollamento non più tollerabile che va ben oltre il 150%, con troppe tipologie di ristretti, spesso incompatibili tra loro, con una carenza di personale anch’essa altissima, che si accompagna ad un’età media dello stesso, sempre più alta. Purtroppo, a tutto questo si accompagna, quello che noi chiamiamo abbandono istituzionale, quella distanza tra noi e le strutture preposte a intervenire in tempi brevi, o almeno in tempi accettabili, quando chiamati a decidere”.