Gli studenti del Delfico scioperano contro le istituzioni: «Ci hanno abbandonato»

24 Aprile 2025
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Gli studenti contestano le difficoltà organizzative nell’istituto che li ospita e le condizioni dell’edificio tra intonaco che cade a terra e infiltrazioni d’acqua

TERAMO – Sciopero questa mattina degli studenti del Delfico in Largo San Matteo. Dopo l’ennesima segnalazione sulle condizioni dell’istituto Pascal, che li ospita da ottobre, gli studenti lanciano un appello forte: si sentono abbandonati dalle istituzioni e chiedono risposte concrete. Ieri l’intonaco è caduto da un muro, costringendo alla chiusura di un corridoio. Qualche settimana fa, a causa del maltempo, si erano verificati allagamenti nella parte sotto la cupola in vetro. Ma, sottolineano i rappresentanti, questi episodi sono solo la punta dell’iceberg: il vero problema è l’assenza totale di dialogo con gli enti preposti.

«Siamo stati evacuati dalla nostra sede di Piazza Dante più di sei mesi fa, con la promessa di essere trasferiti in una struttura sicura. Ma quello che viviamo ogni giorno dimostra il contrario. E soprattutto, nessuno ci parla, nessuno ci aggiorna. È questo che ci ferisce di più», scrivono in un comunicato. Gli studenti denunciano infiltrazioni d’acqua, aule inadeguate, spazi insufficienti e una progressiva perdita d’identità. «Il nostro liceo sta perdendo iscritti. Mancano ambienti specifici per le attività, i piani sono divisi con l’istituto tecnico e ci sentiamo ospiti. Ringraziamo chi ci accoglie, ma quella non è la nostra scuola».

Raccontano di scale bloccate da sedie, secchi sotto le finestre, fogli di giornale per terra per assorbire l’acqua. E aggiungono: «Ogni mese riceviamo segnalazioni, ci riuniamo, protestiamo, ma nessuno ci ascolta. Il silenzio delle istituzioni, da mesi, è assordante». «Anche se ci dicono che la caduta dell’intonaco non è pericolosa, per noi è l’ennesima prova del degrado. Stiamo cercando di mantenere viva la nostra identità, ma senza comunicazione e senza presenza istituzionale, è impossibile. Vogliamo risposte. E vogliamo tornare ad avere una scuola che ci appartenga».

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