I problemi del carcere di Pescara sono tanti e sono sotto gli occhi di tutti ormai dopo i fatti del 17 febbraio che hanno portato alla luce la necessità di ripensare le condizioni dei detenuti
PESCARA – L’ipotesi di delocalizzazione del carcere “San Donato” di Pescara è stata al centro di un Consiglio comunale straordinario ieri pomeriggio nel municipio del capoluogo adriatico. Dopo la giornata del 17 febbraio, in cui si sono succeduti un suicidio, una rivolta e un principio di incendio – per cui 10 persone sono finite in ospedale intossicate –, prendere una decisione sulla casa circondariale pescarese è diventato urgente e inevitabile.
I tre ordini del giorno presentati dai gruppi consiliari sono confluiti in uno unico al termine della seduta, votato da tutti e 25 i consiglieri presenti in aula, che ora porterà alla stesura di un documento da sottoporre al vaglio del Ministero della Giustizia. Durante la seduta sono state analizzate le criticità della struttura che attualmente ospita 380 detenuti (con un sovraffollamento del 130%), della sua posizione geografica rispetto alla città nonché delle condizioni di vita dei reclusi e quelle di lavoro degli agenti di Polizia Penitenziaria. Nel Consiglio si è proseguito con le audizioni di una serie di personaggi invitati a intervenire, a partire dal nuovo direttore del penitenziario, Franco Pettinelli, entrato da circa un mese in carica, il quale ha fatto notare, che, oltre alle criticità più conosciute, il carcere di Pescara è l’unico in Abruzzo ad avere un reparto psichiatrico, dove accoglie anche detenuti da fuori e che ha bisogno di personale specializzato proveniente dalla Asl e dal Ser.D. Il posto giusto per questa fetta di detenuti, come per quelli tossicodipendenti, emerge dagli interventi, non è il carcere, ma un centro che si occupi di queste specifiche particolarità.
Accanto all’ipotesi di delocalizzazione, presentata dal Consiglio comunale, è stata valutata anche quella di attuare soluzioni che permettano di scontare le pene al di fuori del perimetro carcerario, soluzioni per cui si invoca l’aiuto della politica e delle istituzioni, come ha fatto presente l’avvocato Massimo Galasso, presidente della Camera Penale di Pescara. Opzione condivisa anche dalla Garante dei detenuti regionale, l’avvocato Monia Scalera, che ha parlato invece della misura del “social housing”, un provvedimento che si potrebbe prendere per mettere agli arresti domiciliari i reclusi che hanno le carte in regola per scontare le condanne “fuori” dalle celle, favorendo anche un percorso di reintegrazione sociale. Misure queste, che insieme al potenziamento degli psicologi, potrebbero influire positivamente sui numeri dei suicidi, che spesso coinvolgono detenuti non già condannati in via definitiva. In tutti gli interventi, infine, un’invocazione all’articolo 27 della Costituzione italiana, che sancisce una vita dignitosa all’interno dei penitenziari per i detenuti, principio di difficile attuazione in base alle condizioni del carcere “San Donato” al giorno d’oggi.
Sul luogo nel quale sorgerà la nuova sede della casa circondariale si discuterà in un secondo momento, dopo l’eventuale approvazione del documento dal Ministero preposto, ma intanto si ipotizza che l’area interessata potrebbe essere quella tra Pescara e Chieti oppure sul territorio di Spoltore.