Stamani nel carcere di Pescara un detenuto si è tolto la vita ed un principio di incendio è scoppiato dopo una protesta dei reclusi
PESCARA – Mattina movimentata quella di oggi al carcere “San Donato” di Pescara: prima un detenuto si è tolto la vita e poi si è innescata una protesta tra gli altri carcerati, che avrebbe scatenato anche un principio di incendio. Due detenuti sono stati trasportati al pronto soccorso dell’ospedale cittadino per aver inalato fumo. Sul posto sono intervenute alcune ambulanze del 118, oltre naturalmente alla Polizia penitenziaria.
Pare che il rogo sia riconducibile alla protesta dei reclusi, scoppiata forse dopo il suicidio avvenuto nella notte, che ha portato un detenuto a salire sul tetto del carcere. Sono, secondo le prime informazioni, almeno una dozzina gli intossicati e fra loro anche alcuni agenti penitenziari. I Vigili del Fuoco hanno domato le fiamme, ma c’è ancora fumo che esce da una delle sezioni. Diverse le ambulanze presenti, con i sanitari che hanno portato delle bombole di ossigeno. Sul posto anche la Polizia di Stato della Questura.
In riferimento al suicidio, invece, è il tredicesimo in Italia dall’inizio dell’anno, fa sapere Aldo Di Giacomo del Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp). «È un vero stillicidio, si tratta quasi sempre di persone con una condanna non definitiva, ed è scesa l’età media di chi si toglie la vita in carcere – osserva Di Giacomo –. E pensare che 19mila detenuti potrebbero uscire se solo fossero informati della possibilità di scontare la pena con altre forme di carcerazione. C’è purtroppo il disinteresse assoluto dell’amministrazione penitenziaria. Nelle nostre carceri c’è la criminalità più pericolosa al mondo, ma la maggior parte dei detenuti è lì per per reati lievi, si tratta di persone affette da alcoldipendenza, tossicodipendenza o malattia psichiatrica. Se noi non rieduchiamo questi soggetti loro ciclicamente entrano ed escono, commettono reati in galera, le loro fragilità aumentano. E comunque, anche se il sovraffollamento è un enorme problema, chi arriva a suicidarsi è già debole quando entra. Poi il sovraffollamento incide sulla qualità della vita. Il carcere – conclude Di Giacomo – è diventato il punto di rilancio della carriera criminale. Basti notare la diminuzione del -4, 8% della collaborazione nelle carceri di regioni come Calabria, Sicilia, Campania e Puglia».