Uno studio condotto dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) e dall’Università di Pisa ha monitorato l’inquinamento da ozono utilizzando piantine di tabacco come “bioindicatori”. Dai risultati, danni lievi alla vegetazione che confermano l’esigenza di politiche ambientali mirate a ridurre le emissioni inquinanti
PESCARA – L’ozono in Abruzzo non rappresenta un’emergenza immediata, ma i suoi effetti sono visibili e diffusi su tutto il territorio regionale. È quanto emerge dal monitoraggio condotto nel 2024 dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa. Lo studio ha utilizzato i germinelli di tabacco come “bioindicatori” per stimare la concentrazione di ozono nell’atmosfera. Queste giovani piantine, particolarmente vulnerabili all’azione ossidante dell’ozono, hanno rivelato dati significativi sulla qualità dell’aria.
Durante il periodo di monitoraggio, è stato registrato il superamento della soglia di 60 parti per miliardo (ppb) per sei giorni a Cepagatti e Pescara, per otto giorni a Francavilla al Mare e per dieci giorni a Sant’Eufemia a Maiella. Tuttavia, la concentrazione non ha mai raggiunto il livello di 180 µg/m³ (90 ppb), soglia che attiverebbe l’obbligo di informazione alla popolazione, né la soglia di allarme di 240 µg/m³ (120 ppb).
I risultati indicano una progressiva incidenza dei danni, con livelli più elevati nelle aree di Cepagatti, Pescara e Francavilla al Mare, rispetto a Sant’Eufemia a Maiella, dove l’inquinamento da ozono è risultato meno significativo. Le lesioni osservate sulle foglie delle piante bioindicatrici, che vanno dalla clorosi alla necrosi, confermano un’esposizione costante all’ozono. Questi danni comprommettono la salute della vegetazione e, a lungo termine, potrebbero ridurre la produttività agricola.
Lo studio conferma come il biomonitoraggio sia un mezzo fondamentale per comprendere gli effetti reali dell’inquinamento atmosferico, andando oltre la semplice rilevazione numerica dei dati. Mentre le centraline forniscono informazioni precise sulle concentrazioni di ozono, le piante bioindicatrici permettono di visualizzare concretamente l’impatto dell’inquinante sugli ecosistemi.
Questi risultati mettono in evidenza la necessità urgente di politiche mirate alla riduzione delle emissioni di ossidi di azoto (NOₓ) e composti organici volatili (COV), principali precursori dell’ozono, prodotti soprattutto dal traffico veicolare e dalle attività industriali. Sebbene la qualità dell’aria in Abruzzo rimanga buona, è importante mantenerla sotto costante osservazione, consapevoli che la protezione dell’ambiente richiede l’impiego di strumenti di monitoraggio sempre più avanzati e politiche ambientali più efficaci