I brigatisti Curcio, Moretti e Azzolini a processo per l’uccisione del carabiniere abruzzese, Giovanni D’Alfonso

31 Ottobre 2024
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L’episodio, si verificò nel 1975 durante la liberazione dell’imprenditore vinicolo Vittorino Vallarino Gancia, rapito il giorno precedente dalle Brigate Rosse

ALESSANDRIA – I brigatisti Renato Curcio, Mario Moretti e Lauro Azzolini dovranno comparire davanti al Tribunale di Alessandria il prossimo 25 gennaio per rispondere della morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. L’episodio è accaduto nel 1975, in un conflitto a fuoco a Cascina Spiotta, in provincia di Alessandria, durante il quale perse la vita il carabiniere D’Alfonso, padre di tre bambini e originario del rione San Comizio di Penne. Ora, quasi cinquant’anni dopo, alcuni degli ex membri delle Brigate Rosse saranno chiamati a rispondere.

L’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di Curcio, Moretti e Azzolini è stata avviata nel dicembre del 2021 dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) piemontese, a seguito della denuncia presentata da Bruno D’Alfonso, figlio della vittima. Quest’ultimo ha chiesto alla Procura di riaprire il caso e indagare su un possibile brigatista mai identificato, che avrebbe partecipato alla sparatoria. Gli accertamenti sono stati affidati ai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), che hanno portato gli inquirenti a concentrare l’attenzione su Azzolini come possibile partecipante alla sparatoria.

L’episodio, tragico e violento, si verificò nel contesto della liberazione dell’imprenditore vinicolo Vittorino Vallarino Gancia, rapito il giorno precedente dalle Brigate Rosse. Giovanni D’Alfonso, allora in servizio, cadde sotto i colpi dei brigatisti, un evento che segnò profondamente la famiglia e l’intero Abruzzo. L’udienza di gennaio rappresenta un nuovo tentativo di fare giustizia per la vittima e la sua famiglia, con la speranza di chiarire definitivamente il ruolo dei partecipanti a quello scontro fatale. Questo il commento di Bruno D’Alfonso, figlio dell’appuntato: “Sono felice per me e la mia famiglia perché con il rinvio a giudizio dei tre brigatisti inizia concretamente una nuova fase processuale, che spero ci ricondurrà a quella verità, tanto agognata, soprattutto per restituire dignità al sacrifico di mio padre, per lungo tempo dimenticato. Un episodio, tanto discusso quanto annebbiato nei quasi cinquant’anni successivi, che potrà rendere giustizia anche all’intera società, che ha diritto di sapere la pura verità di tutti i fatti che sono stati pagati con il sangue dei propri concittadini”.

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