Inaugurato stamani l’a.a. 2024/2025 dell’Univaq. Alesse: “I tagli ministeriali rischiano di annullare il lavoro fatto finora”
L’AQUILA – Con il mese di aprile si è aperto formalmente per l’Università degli Studi dell’Aquila l’anno accademico 2024/2025. Le celebrazioni si sono svolte stamani presso l’Aula magna del Centro congressi Luigi Zordan, di fronte al Dipartimento di Scienze Umane, a due passi dalla Fontana Luminosa. A fare gli onori di casa, il magnifico rettore dell’Univaq, Edoardo Alesse.
Tra il pubblico, invece, oltre alle autorità locali del mondo politico, civile e religioso, anche alcuni rettori e delegati di altre nove atenei europei insieme ai quali Univaq forma l’unione European Universities Linking Society and Technology (Eulist). Dal 31 marzo al 2 aprile L’Aquila sarà infatti cornice dell’assemblea generale nazionale dell’alleanza, promossa dalla Commissione dell’Unione Europea nell’ambito della Strategia UE per l’università, e che coinvolge circa 200 mila studenti e 20 mila membri del personale.
Nello specifico, le altre università di Eulist sono: la Brno University of Technology (BUT) della Repubblica Ceca; l’Institut Mines-Télécom (IMT) in Francia; la svedese Jönköping University (JU); la Lappeenranta-Lahti University of Technology (LUT) in Finlandia; la tedesca Leibniz University Hannover (LUH); la National Technical University of Athens (NTUA), in Grecia; la Rey Juan Carlos University (UJRC), in Spagna; la Slovak University of Technology (STU) di Bratislava, in Slovacchia; e la viennese University of Technology (TUW).
A proposito di Eulist, Alesse ha sottolineato che “un obiettivo fondamentale del nostro consorzio è rappresentato dalla sostenibilità, che si realizza connettendo i saperi delle scienze, tecnologie, ingegneria e matematica con quelli delle scienze sociali ed umane per sviluppare soluzioni adatte alle più importanti sfide di oggi e di domani: i cambiamenti climatici, la transizione digitale e la coesione sociale”.
La cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico ha visto inoltre i festeggiamenti del 25° compleanno di due centri di eccellenza dell’Univaq: il Center of Excellence in Telesensing of Environment and Model Prediction of Severe events (Cetemps), diretto dalla professoressa Rossella Ferretti; e il Design Methodologies for Embedded controllers, Wireless interconnect and System-on-chip (Dews), guidato dalla professoressa Elena De Santis. “Due centri che – ha evidenziato il rettore – hanno dato un contributo molto importante al progresso scientifico dell’ateneo”.
“È stato un rettorato che oserei definire impegnativo”, ha sottolineato Alesse, il cui mandato da rettore si concluderà con le elezioni di ottobre. “Abbiamo attraversato i terribili momenti della pandemia, dei conflitti bellici e della connessa crisi energetica, delle vivaci proteste studentesche e infine della recente riduzione dei finanziamenti alle Università, che non poco influirà sul futuro degli atenei”.
“Io credo che molti cittadini, ma anche professori, ricercatori e amministratori locali, non abbiano la piena consapevolezza di ciò che le università rappresentano per i territori e le città che li ospitano”, ha dichiarato Alesse nel corso del suo intervento.
“Le università hanno un valore inestimabile per le città e i territori in cui sono inserite, ma spesso non si ha sufficiente consapevolezza di questo – ha detto il rettore – Gli atenei pubblici italiani saranno chiamati, nel prossimo futuro, a giocare sfide importantissime. Confido nella saggezza di coloro che ci governano affinché facciano tutto il possibile per preservare e promuovere quel bene preziosissimo che sono le libere università e tutte le attività che in esse si svolgono”.
“Per chiarire il ruolo di Univaq e degli altri atenei abruzzesi e del Centro Italia, le nostre università, aggregate nel sistema Hub Abruzzo, Marche, Umbria, hanno una spiccata capacità di richiamare studenti da altre regioni, mediamente nella misura del 40% degli immatricolati attuali, candidandosi ad essere il più efficace contrappeso alle ondate migratorie centrifughe che affliggono le aree interne. L’appeal degli atenei di quest’area consente di compensare la mobilità in uscita verso altre regioni, esibendo un bilancio in pari per le Marche ed in attivo per l’Abruzzo e ancor di più per l’Umbria. In alcuni casi la popolazione studentesca addirittura supera o eguaglia quella dei cittadini residenti. Nel caso dell’Aquila essa è al 24%. Univaq conferma l’andamento molto positivo delle immatricolazioni, un trend ormai acquisito, che portano il totale dei nostri iscritti a circa 20mila. È un dato che certifica la qualità della nostra offerta formativa, composta da sette dipartimenti, 72 corsi di laurea tra triennali, magistrali e a ciclo unico, di cui 15 corsi internazionali che rilasciano titoli congiunti o doppi/multipli, 12 solo in lingua inglese”.
In quanto al Pnrr, invece, “uno degli aspetti di maggior pregio – ha detto il rettore – oltre all’avere immesso grandi quantità di risorse nel sistema universitario, è stato quello di aver promosso una filosofia operativa nuova basata sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione, attraverso la formazione di network tra Università, enti di ricerca ed istituzioni pubbliche e private, per raggiungere risultati che individualmente non sarebbero stati possibili. Ora, approssimandoci alla fine del programma sarà importante però non dissipare questa capacità di aggregazione tra le università e i più importanti interlocutori del mondo scientifico e produttivo”.
“Anche per questo motivo contingente – ha continuato Alesse – ritengo che i tagli ministeriali effettuati di recente siano poco appropriati in quanto rischiano di annullare l’eccellente lavoro realizzato con fatica e abnegazione da migliaia di ricercatori assunti a tempo determinato, alcuni dei quali saranno recuperati in contesti produttivi, mentre altri, la maggior parte, saranno destinati a rimanere precari oppure a rifugiarsi all’estero o nelle università telematiche, che, finalizzate al profitto, mantengono una immutata se non aumentata capacità di spesa e quindi di reclutamento. La previsione dell’esodo di 14mila ricercatori in 10 anni con la concomitante emorragia di competenze, non può lasciarci indifferenti e dovrebbe evocare adeguate azioni di contrasto”.
Alla luce delle questioni globali che stanno trasformando il mondo della cultura e della formazione, il rettore si è pronunciato contro l’avvento delle università telematiche.
“Ci troviamo a combattere una battaglia impari e tutta interna al sistema dell’alta formazione, dove il nostro competitor è rappresentato dalle università telematiche – ha detto Alesse – Sono contrario, come molti colleghi, a questa modalità di formazione non solo perché ci danneggia sottraendoci studenti e risorse, ma anche perché si contrappone alla didattica in presenza che sola fornisce, oltre all’apprendimento verticale, anche quello tra pari, garantendo una crescita armonica, interattiva ed inclusiva dei nostri giovani e soprattutto perché interi campi di studio, in particolare quelli sperimentali, non possono essere praticati con successo se non partecipando fisicamente alle lezioni e ai tirocini. Altro tema centrale per l’università del futuro è l’internazionalizzazione, un’ulteriore sfida che si impone agli atenei chiamati a fare fronte a una rapida innovazione delle proprie competenze per essere parte autorevole di una società sempre più globalizzata dal punto di vista economico, sociale, politico, culturale, scientifico e tecnologico”.
Doverosa, da parte del rettore, una riflessione sugli attacchi alla libertà di espressione, di pensiero e di ricerca a cui il mondo della cultura è attualmente soggetto.
“Un ulteriore aspetto di grande preoccupazione riguarda le azioni finalizzate a limitare l’intensità e la libertà della ricerca – ha spiegato Alesse – La Federazione europea delle Accademie delle scienze, di cui l’Italia è membro tramite i Lincei, ha espresso gravi preoccupazioni sulle crescenti minacce alla libertà accademica, negli Stati Uniti e altrove. Essendo ben consapevoli che «la libertà accademica è la spina dorsale del progresso scientifico ed è fondamentale per una società libera, è evidente che è a rischio l’integrità e l’autonomia della ricerca e la fiducia nella scienza, non solo all’interno degli USA, ma in tutto il mondo”.
E ha aggiunto: “Essendo storicamente gli Stati Uniti leader indiscussi nelle politiche mondiali della ricerca scientifica, nasce la preoccupazione che questo loro posizionamento possa propagarsi ad altri stati, condizionando negativamente il resto del mondo ed in particolare l’Europa, che ha connessioni scientifiche estremamente forti e difficilmente risolvibili con gli Stati Uniti. Se ciò avvenisse sarebbe una immane tragedia, che porrebbe fine a quel patrimonio di cultura e di saperi che hanno caratterizzato secoli di storia europea e mondiale”.
Emblematiche le parole del presidente del Consiglio studentesco dell’Univaq, Mario Rosatone. Nel suo discorso di fronte alla platea dell’aula magna ha dichiarato: “Abbiamo paura per un diritto allo studio che appare sempre più precario, per un mondo che sembra incapace di garantire pace e giustizia. Abbiamo paura delle guerre che non cessano, in ogni lato del mondo, centinaia di migliaia di esseri umani che vengono armati e mandati a morire in Ucraina, alle porte del nostro continente. Decine di migliaia di esseri umani che vengono sterminati a Gaza, e tutti quei conflitti e genocidi in atto che, seppur lontani dall’attenzione mediatica, esistono”.
“Abbiamo paura della violenza che prevale sulla diplomazia – ha chiosato Rosatone – dell’ipotesi di un riarmo europeo che distoglie risorse preziose da istruzione e servizi pubblici. In questi giorni si parla di 800 miliardi di euro, fondi che dovrebbero essere investiti nel garantire i diritti di base di tutti noi. Investiti nella conoscenza, nella ricerca, nella sanità, nell’edilizia universitaria, nei trasporti, nella tutela dell’ambiente e nel garantire una pacifica convivenza con esso, al fine di prevenire quei disastri ambientali che ci fanno apparire la natura come nostra nemica. Ma anche investiti nella cura del benessere psicologico, affinché più nessuno studente arrivi a definire la sua vita ‘un fallimento’, prima di porvi fine in un bagno dell’università. Eppure, si sceglie un’altra strada”.

