Sulla rivolta in carcere a Pescara Leo Beneduci (Osapp) incolpa il sovraffollamento. Sul cambio ai vertici, invece, non conferma
PESCARA – La situazione del carcere di Pescara continua a destare preoccupazione. Secondo il segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), Leo Beneduci, il penitenziario soffre di un sovraffollamento che si avvicina al 180% e una carenza di personale prossima al 30%, nonostante le recenti assegnazioni. Il carico di lavoro per gli agenti è aumentato considerevolmente, anche a causa delle accresciute incombenze legate ai colloqui.
Nella mattinata di ieri, spiega Beneduci, un detenuto nordafricano si è suicidato in cella dopo un incontro con l’area medica. La scoperta ha scatenato una rivolta di circa 250 detenuti, che hanno distrutto videosorveglianza, impianti idrici ed elettrici, incendiato materassi e tentato di bloccare gli agenti con lanci di oggetti e polvere di estintori. Alcuni hanno superato gli sbarramenti fino al muro di cinta. La rivolta è stata sedata solo alle 19, con il trasferimento di 40 detenuti. Il Gruppo di Intervento Operativo è arrivato nel pomeriggio. Il bilancio finale conta ingenti danni al carcere e diversi agenti feriti.
Pare che la direttrice del carcere di Pescara, Armanda Rossi, sia stata trasferita con decorrenza immediata a un’altra struttura penitenziaria. I quotidiani citano anche un provvedimento consegnato ieri a Rossi dai funzionari del Provveditorato diretto da Giacinto Siciliano. Ma su questo l’Osapp non dà conferme: «A fine serata si è diffusa la notizia, che non possiamo confermare, dell’avvicendamento dei vertici della struttura e che, a nostro avviso, se verificata, rappresenta l’ennesimo tentativo da parte dell’Amministrazione penitenziaria centrale, il Dap, di chiudere la stalla quando il bestiame è già bello che fuggito».
Il provvedimento in questione era forse già pronto, dicono, ricordando che la Procura di Pescara ha notificato proprio nei giorni scorsi a Rossi l’avviso di conclusione di indagini in relazione a un’inchiesta, condotta da Giuseppe Bellelli, per omissione in atti d’ufficio. Un’inchiesta che molto si è basata su una relazione del magistrato di sorveglianza nella quale si citavano episodi quali richieste di permessi rimaste inevase da parte di Rossi, mancata risposta a richieste di chiarimenti del magistrato di sorveglianza o a segnalazioni di difensori di detenuti.