Anno giudiziario L’Aquila: i giudici abbandonano gli scranni quando parla l’inviato del ministro. Anm Abruzzo, pm non è superpoliziotto

25 Gennaio 2025
3 minuti di lettura

L’alto magistrato Aldo Manfredi: “La questione della separazione delle carriere è progetto divisivo che vede contrapporsi una opposta idea delle funzioni e ruolo del Pm. Non condivisibile l’abrogazione dell’abuso d’ufficio”

L’AQUILA – Con la Costituzione stretta tra le mani, i magistrati abruzzesi si sono alzati in piedi e, rompendo il silenzio dell’aula, hanno abbandonato gli scranni durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario all’Aquila. La forma di protesta è stata attuata prima dell’intervento del rappresentante del ministero della Giustizia Vittorio Corasiniti.

Daniela Angelozzi, segretaria della giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati Abruzzo, ha dichiarato: “Non capiamo quale possa essere la ragione giustificatrice, laddove quella che viene esposta è di consentire la parità delle parti e di evitare che il giudice possa farsi influenzare nella decisione. Questa finalità è tradita dai fatti, quindi abbiamo il dovere come magistrati della Repubblica di informare i cittadini e di ricordare che il pubblico ministero non è un superpoliziotto”.

Nel corso della presentazione della relazione sull’Amministrazione della giustizia nel distretto dell’Abruzzo, il presidente vicario della Corte di Appello dell’Aquila, Aldo Manfredi, ha affermato:  “La questione della separazione delle carriere, ha detto Manfredi, “è certo progetto divisivo che vede contrapporsi una opposta idea delle funzioni e ruolo del Pm. È innegabile che le ragioni a sostegno dell’intervento di riforma, al netto di polemiche strumentali e preconcette, è sorretta da argomenti certamente seri che pongono in risalto profili dell’attuale assetto ordinamentale, che sono ritenuti poco in sintonia con il modello processuale di tipo accusatorio e con il ruolo del Pm nel processo, che necessiterebbe di vedere rafforzato il ruolo di garanzia e autonomia del giudice, che si teme condizionato dalla posizione di colleganza con il Pm che del processo è parte. Si sostiene in pratica che vi è un nesso che corre tra ogni modello processuale e l’ordinamento all’interno del quale quel modello si inserisce e che il modello accusatorio non si coniuga con l’attuale assetto ordinamentale. Lo stato attuale determinerebbe un condizionamento ed appiattimento favorito, si sostiene, dalla colleganza che l’esperienza, specie per la fase delle indagini preliminari, dimostrerebbe”.

Il giudice è poi intervenuto sulla cancellazione del reato di abuso d’ufficio. “Con il rispetto dovuto alle sovrane scelte del legislatore” ha affermato, “non posso condividere l’intervento abrogativo del reato di abuso d’ufficio.

In relazione alle recenti modifiche che rendono le indagini ancor più rigorose, ha invece espresso il suo apprezzamento: “A mio avviso – ha spiegato – vanno valutate positivamente le più recenti modifiche al codice di rito a maggiore garanzia dei soggetti raggiunti da richieste di misura cautelari, troppe volte smentite dall’esito successivo del processo, quando ormai pregiudizi spesso irreparabili si sono determinati a carico delle persone indagate”. Manfredi ha altresì sottolineato il valore delle nuove norme sull’iscrizione dei reati: “Così con favore – ha detto – va vista la modifica dell’art. 335 c.p.p. con la introduzione di una rigorosa puntualizzazione in senso oggettivo delle condizioni in forza delle quali un fatto possa essere ritenuto notizia di reato da iscrivere e, soprattutto, una altrettanta puntualizzazione in senso soggettivo delle condizioni in forza delle quali quella notizia di reato debba essere ‘soggettivamente’ iscritta a carico di una determinata persona, all’evidente scopo di limitare l’abuso delle indagini meramente esplorative”.

Tuttavia, l’alto magistrato ha criticato alcune leggi recenti, definendole “distoniche, rispetto all’idea del diritto penale moderno, di stampo liberale”. Ha aggiunto: “Si sanzionano, in una perniciosa visione panpenalistica, con nuovi reati, condotte spesso già riconducibili a figure di reato già esistenti, scarsamente offensive, prive di reali ragioni di allarme, in contrasto con i principi di offensività e proporzione che dovrebbero ispirare un moderno e democratico sistema penale”. Tra queste, ha citato norme che introducono nuove aggravanti per reati scolastici, definite “votate alla evidente inutilità”.

Altro tema centrale affrontato da Manfredi è stato il crescente disagio giovanile, manifestato attraverso episodi di violenza tra adolescenti e il preoccupante aumento degli accessi ai servizi psichiatrici da parte dei minori. “L’allarmante fenomeno del disagio minorile ed adolescenziale, che vede anche manifestazioni di grave violenza, è emergenza assoluta che necessita di risposte adeguate, di prevenzione, di idonei percorsi educativi, del coinvolgimento di genitori e scuola, di aiuto nella criticità di tante situazioni, apparendo altrimenti del tutto velleitario il solo inasprimento dell’intervento penale”, ha concluso.

Infine, il presidente vicario ha sottolineato l’aumento dei reati contro le fasce deboli, come violenze domestiche e maltrattamenti, e la necessità di una gestione più rapida di questi casi: “Il significativo incremento delle iscrizioni per i delitti contro le fasce deboli frequentemente a carico di imputati sottoposti a misure cautelari, rende urgente una definizione più tempestiva”.

Altro da

Non perdere