Una ricerca italiana ha rilevato che farmaci come l’aspirina, usati comunemente per prevenire coaguli, possono aggravare l’ictus emorragico. La scoperta evidenzia l’uso spesso non necessario di questi farmaci, aumentando i rischi per i pazienti
L’AQUILA – Uno studio condotto dall’Università dell’Aquila, in collaborazione con l’Ospedale Maurizio Bufalini di Cesena e la Asl 1 di Avezzano-Sulmona, ha scoperto che alcuni farmaci comunemente usati, come l’aspirina, possono avere effetti negativi in caso di ictus con emorragia cerebrale. Questo tipo di ictus, uno dei più fatali, costituisce circa un terzo dei casi.
Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la ricerca ha evidenziato che i farmaci antiaggreganti, spesso prescritti senza reale necessità, possono impedire l’arresto del sanguinamento quando un vaso sanguigno si rompe, aggravando la situazione. “L’effetto dannoso è dovuto al fatto che questi farmaci impediscono l’arresto del sanguinamento,” ha spiegato Simona Sacco, coordinatrice dello studio.
Gli antiaggreganti, come la cardioaspirina, ostacolano l’aggregazione delle piastrine nel sangue, mentre gli anticoagulanti interferiscono con il processo di coagulazione. I dati rivelano che il 40% delle emorragie cerebrali avviene in persone che assumono antiaggreganti, con un tasso di mortalità del 45%, rispetto al 26% di chi non li assume.
Preoccupante è il fatto che in oltre metà dei casi l’assunzione di questi farmaci non è giustificata. “Spesso vengono prescritti a persone percepite a rischio vascolare, magari solo per l’età,” ha detto Sacco. La speranza è che i risultati di questo studio sensibilizzino pazienti e medici sull’importanza di un uso appropriato degli antiaggreganti.