L’AQUILA – La regione registra un consumo netto di suolo pari al 5,03%, a fronte del 7,16% della media nazionale, ma con situazioni che in alcune zone della regione fanno registrare picchi record superando abbondantemente la media nazionale
In Abruzzo la corsa all’edificazione non si arresta, coinvolgendo spesso anche aree che dovrebbero essere protette da vincoli paesaggistici. È quanto emerge dal rapporto SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell’ambientale) sul consumo di suolo 2024, che dipinge un quadro a tinte fosche per la regione. Nonostante i numeri siano leggermente al di sotto della media nazionale, il consumo di suolo in Abruzzo avanza ancora a ritmo sostenuto, con 157 ettari di territorio trasformati tra il 2022 e il 2023, una superficie pari a oltre 210 campi da calcio sottratta a terreni agricoli e aree naturali.
La regione registra un consumo netto di suolo pari al 5,03%, a fronte del 7,16% della media nazionale, ma con situazioni che in alcune zone della regione fanno registrare picchi record superando abbondantemente la media nazionale ed evidenziando una scarsa pianificazione territoriale e una gestione poco sostenibile.
Tra le province, L’Aquila guida la classifica del consumo netto con 89 ettari trasformati, seguita da Pescara con 28 ettari, che raggiunge il record regionale del 51% di territorio comunale complessivamente consumato, il dato più alto dell’Abruzzo. Anche Chieti e Teramo non sono esenti da pressioni edilizie con, rispettivamente, 17 e 24 ettari sacrificati nel solo ultimo anno.
Nei capoluoghi, Pescara dunque spicca per intensità di urbanizzazione: 51,59% del suolo totale consumato, un valore che sottolinea la saturazione ormai raggiunta. All’Aquila, città storicamente soggetta a trasformazioni urbanistiche, sono stati trasformati 10 ettari, spesso in aree con forte valore culturale o ambientale.
Non sono solo i grandi centri a registrare dati preoccupanti. Tra i comuni di medie dimensioni si segnalano casi come Cepagatti con 11 ettari trasformati, seguito da Sulmona con 14 ettari, e altri centri come Ortona e Cupello, che hanno sacrificato 8 ettari ciascuno. Dati che mostrano quanto il fenomeno interessi il territorio regionale nella sua interezza, dai centri urbani più densamente popolati alle aree rurali e montane, minacciando sia l’integrità del paesaggio che la sostenibilità ambientale.
Nella classifica dei capoluoghi regionali con i maggiori incrementi, infine, oltre a Roma con 71 ettari di nuovo suolo consumo, si distinguono Cagliari (+26 ettari), Venezia (+23 ettari) e Bologna (+21 ettari), che registrano valori compresi tra 20 e 30 ettari. Seguono Milano (+19 ettari), Bari (+16 ettari), Palermo (+15 ettari), L’Aquila (+12 ettari), Trento (+11 ettari) e Perugia (+10 ettari), tutti con incrementi superiori ai 10 ettari.
Proprio nei giorni scorsi il Consiglio comunale dell’Aquila ha approvato una delibera sul consumo di suolo: oltre 200 particelle catastali relative a terreni, edificabili o con vincolo decaduto, saranno retrocesse a non edificabili. Presentando la deliberazione, l’assessore all’Urbanistica, Francesco De Santis, ha specificato che si tratta di un’operazione che non solo consente a tanti cittadini di non essere più soggetti all’imposta comunale dell’Imu, ma permette anche un significativo recupero del suolo.