È iniziato ieri davanti alla Corte di Cassazione l’ultimo grado del processo sulla tragedia di Rigopiano: il PG ha chiesto l’annullamento delle assoluzioni e un nuovo processo
ROMA – È iniziato ieri a Roma l’ultimo atto del processo sulla tragedia di Rigopiano davanti alla Corte di Cassazione. Una catastrofe indelebile che il 18 gennaio 2017 costò la vita a 29 persone, travolte da una valanga che spazzò via l’hotel di Farindola. Nel precedente grado di giudizio, la Corte d’Appello dell’Aquila aveva emesso 8 condanne, confermandone alcune del primo grado, e 22 assoluzioni. L’udienza fiume, a cui hanno preso parte centinaia di persone tra cui i famigliari delle vittime, è iniziata ieri mattina alle 10 e si è conclusa in serata dopo la lunga requisitoria del procuratore generale Giuseppe Riccardi.
Disastro colposo e omicidio colposo in concorso, capi d’accusa esclusi in primo e secondo grado e che invece dovranno essere nuovamente considerati in un secondo processo in Corte d’Appello a Perugia, con il coinvolgimento di altre figure, tra Prefettura e Regione Abruzzo, assolte nei primi due gradi di giudizio. In particolare, oltre al riesame delle posizioni dell’ex Prefetto Francesco Provolo, per il quale il PG chiede la conferma della condanna a un anno e 8 mesi per omissione di atti d’ufficio e falso, e della Dirigente della Prefettura Ida De Cesaris, l’accusa chiede ai giudici con l’ermellino che venga celebrato un nuovo processo in Appello per i Dirigenti della Regione Caputi, Visca, Primavera, Antenucci, Giovani e Belmaggio, assolti in secondo grado, ma che dovranno rispondere della mancata attivazione della Carta Valanghe da parte della Regione Abruzzo. Per l’ex sindaco di Farindola, Lacchetta, già condannato in secondo grado, invece, si chiede un nuovo processo per disastro colposo. Nelle sue richieste il PG chiede che vengano confermate tutte le altre condanne.
Una luce di speranza si accende per i famigliari che nella giornata di ieri, con l’inizio del processo, non avevano nascosto la disillusione per un impianto giudiziario che finora non aveva rispecchiato quella che secondo loro doveva essere la giustizia da rendere ai propri cari. Soddisfatti i legali delle parti civili, condensati nelle parole di Wania Della Vigna: “Siamo soddisfatti delle richieste della Procura – ha commentato l’avvocato – perchè ripropone il nostro impianto accusatorio”.
Nello scorso grado di giudizio la Corte d’Appello a L’Aquila aveva confermato le condanne in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio e, per abuso edilizio, per il gestore dell’hotel, Bruno Di Tommaso, e per il tecnico Giuseppe Gatto. A queste aveva aggiunto le condanne a un anno e 8 mesi per l’allora prefetto di Pescara Francesco Provolo, per omissione di atti d’ufficio e falso e per la mancata attivazione del Centro Coordinamento Soccorsi, e per il suo vice Leonardo Bianco per il solo reato di falso.