Gli ambientalisti chiedono alla Regione di ridurre il periodo di caccia al cinghiale nella Zona di protezione esterna al Parco d’Abruzzo, ma gli agricoltori non sono d’accordo perché gli ungulati competono con l’orso per il cibo e sono in sovrannumero
L’AQUILA – “L’ultimo calendario venatorio annulla tutto il lavoro fatto giacché, per assicurare i 4 mesi di caccia al cinghiale previsti dal DL agricoltura, non potendo prevedere attività venatoria oltre il termine del 31 gennaio, ha ovviamente riportato l’apertura della caccia al cinghiale al 1° ottobre”. Con questa dichiarazione Lipu, Wwf, Salviamo l’orso, Pro-natura, Stazione ornitologica, Federtrek, Appennino ecosistema, Altura, Orso&friends, Dalla parte dell’orso e Rewilding Apennines hanno chiesto ai vertici della Regione Abruzzo di “tornare al Calendario degli scorsi anni almeno nella Zona di protezione esterna del Pnalm e nella sua area contigua” per ridurre il periodo di caccia al cinghiale di almeno 30 giorni, al 1° novembre. Non è affatto d’accordo Dino Rossi, presidente del Cospa Abruzzo, comitato di agricoltori e allevatori abruzzesi.
“La caccia al cinghiale si è sempre aperta il primo ottobre e si è solo allungata di un mese estendendo l’attività venatoria sino al 31 gennaio – ha spiegato Rossi – Per quanto riguarda il Patom, la caccia è consentita dal primo 1° novembre nelle aree protette. Inoltre, considerato che il cinghiale è in competizione con l’Orso bruno marsicano per il cibo e che questa specie è a rischio estinzione, soprattutto nel periodo di ‘iperfagia’ che serve al plantigrado per recuperare il cibo necessario a superare l’inverno per l’ibernazione, mi sembra assurda una richiesta del genere soprattutto da parte di chi dovrebbe tutelare gli equilibri della catena alimentare e non gli ‘squilibri’, cinghiali e cervi sono in sovrannumero – ha concluso – Non è che questo atteggiamento serva a giustificare i famosi ‘corridoi dell’orso’ all’esterno delle aree protette per i quali saranno stanziati milioni di euro”.