“Sì al turismo venatorio, no alle speculazioni degli Atc”: Dino Rossi sulla caccia al cervo in Abruzzo

21 Agosto 2024
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Sulla delibera regionale che dispone il prelievo selettivo di 500 esemplari di cervo, il presidente del Cospa Abruzzo Dino Rossi

OFENA – Sulla delibera della Giunta regionale che ha disposto il prelievo selettivo di 500 esemplari di cervo nell’aquilano, si è espresso a favore anche il comitato a tutela degli agricoltori del territorio, il Cospa Abruzzo. Il provvedimento, sebbene abbia scatenato l’indignazione del Wwf e di altri esponenti del mondo ambientalista, ha già incontrato il pieno sostegno di Confagricoltura.

L’unica perplessità sollevata dal presidente del Cospa, Dino Rossi, riguarda il premio venatorio che gli Ambiti territoriali di caccia competenti incasseranno per ogni cervo abbattuto. Come stabilito dalla delibera, infatti, il premio venatorio da versare per ogni esemplare alle rispettive Atc, in questo caso quelle di Avezzano, Sulmona, Subequano, L’Aquila e Barisciano, varia da 50 a 250 euro per i cacciatori residenti in Abruzzo, e dai 200 ai 600 euro per i cacciatori non residenti in Abruzzo.

Rossi, che oltre ad essere agricoltore è anche cacciatore consapevole e specializzato, osserva in una nota: “La cosa che fa più scalpore è che i cervi vengono venduti dagli Ambiti territoriali di caccia, ai quali già versiamo i dovuti contributi per accedere alla stagione venatoria – e aggiunge – quindi i contadini abruzzesi ingrassano le mandrie di cervi con i loro prodotti, e l’Atc li rivende, come accade per i cinghiali catturati illegalmente con le trappole nelle aree Parco”.

“Ci piacerebbe dunque sapere quali saranno i criteri di individuazione dei cacciatori specializzati abilitati al prelievo selettivo del cervo e in che modo saranno spesi questi ulteriori premi venatori dalle Atc competenti”, si legge nella missiva del Cospa.

Sentito da Abruzzo Speciale, Rossi spiega: “Chi vuole sparare ai cervi a pagamento dovrebbe poterlo fare all’interno delle aree protette, accompagnato dalle guardie venatorie, e abbattere esclusivamente l’animale assegnato. Attualmente il provvedimento prevede che si vada a caccia del cervo solo fuori dalle aree protette, ma i cervi, presumibilmente, si trovano soprattutto proprio nelle aree protette. I punti di sparo all’interno delle aree Parco sono già stati individuati dalle guardie forestali da anni, ma non sono mai stati utilizzati”.

Invece, al di fuori delle aree protette, sostiene Rossi ai nostri microfoni, “dovrebbero intervenire i cacciatori residenti autorizzati, su indicazione delle Atc e nel rigoroso rispetto dei parametri indicati dai tecnici faunistici, e magari con la possibilità di abbattere gratuitamente almeno un esemplare”.

Il presidente del Cospa si è pronunciato, inoltre, in risposta alla posizione di contrarietà alla misura espressa nei giorni scorsi dall’on. Nazario Pagano, coordinatore regionale per l’Abruzzo di Forza Italia e presidente della Prima Commissione Affari Costituzionali della Camera. Pagano, infatti, si è schierato a difesa del cervo in quanto specie “amata e rispettata da cittadini e turisti”, come dichiarato dallo stesso onorevole.

“L’onorevole Pagano sta difendendo un animale alloctono, come il cervo, facendo delle dichiarazioni fuorvianti – si legge nella nota rilasciata dal Cospa – Tra i simboli principali dell’Abruzzo, dal punto di vista faunistico c’è sicuramente il cinghiale, date le molteplici testimonianze storiche, letterarie ed archeologiche, come il mosaico sul pavimento della sede provinciale di Chieti, o la Chiesa della Madonna del cinghiale a Vicoli, in provincia di Pescara. Più in generale, invece, i simboli dell’Abruzzo per eccellenza sono il pastore e la pecora, basti pensare alla Transumanza”.

Come sottolinea Rossi, “le numerose mandrie di cervi presenti in Abruzzo, oltre a provocare incidenti stradali e danni all’agricoltura, con la loro voracità e per via del numero elevatissimo di esemplari presenti, stanno mettendo a rischio, piuttosto un altro dei simboli principali dell’Abruzzo: l’orso marsicano, sottospecie autoctona dell’orso bruno. Dovrebbe essere proprio quest’ultimo a popolare tutto l’Appennino, per via del suo carattere di gran lunga meno aggressivo rispetto agli esemplari introdotti in Trentino, ma stranamente non riesce a superare le 50 unità”.

E riporta i dati: “In Abruzzo la popolazione di cervi stimata arriva a circa 8000 unità e la gestione della specie è stata pianificata in base ad uno studio di settore di quattro anni, in seguito al quale è stato stilato il Piano faunistico venatorio regionale 2020-2024 (Pfvr 2020-2024)”.

Aggiunge Rossi: “Tale Pfvr è a disposizione delle associazioni ambientaliste e di chiunque altro per eventuali osservazioni già da parecchi anni, ma solo oggi si accorgono del prelievo dei cervi in Abruzzo, peraltro già attuato in Emilia-Romagna o nel Parco Nazionale dello Stelvio, ad esempio. Il blaterare sulla stampa da parte di alcuni soggetti politici e associazioni ambientaliste è pura visibilità mediatica, che rivela l’essere completamente ignari di cosa cosa comporta una massiccia densità della popolazione di cervi per un territorio che in gran parte è anche agricolo”.

I danni da cervo all’agricoltura, lo ricordiamo, hanno raggiunto gli 895.340 euro nel periodo 2019-2023. Aggiungendo quelli già registrati nel 2024, la cifra complessiva andrà ben oltre il milione di euro, mentre gli incidenti causati da cervi denunciati tra il 2019 e il 2023 ammontano già a 806. “In alcune aree, i danni alle colture causati dal cervo hanno superato quelli causati dal cinghiale – scrive Rossi – senza contare i numerosi incidenti stradali”.

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