Per Anm la stampa travisa le sentenze della Corte d’Appello dell’Aquila. Per la madre di una delle vittime, travisate le sue dichiarazioni
L’AQUILA – La Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha espresso in una nota la propria preoccupazione “per la visione distorta emergente” dagli organi di informazione in merito alle sentenze della sezione civile della Corte d’Appello dell’Aquila n. 790/2024 del 5 giugno e n. 749/2024 del 30 maggio, con rigetto della richiesta di risarcimento danni avanzata dai parenti delle vittime del sisma dell’Aquila. Per l’Anm Abruzzo, espressioni quali “condotta incauta” o “comportamento colpevole”, sostiene la Giunta esecutiva distrettuale, “non si rinvengono affatto nel testo delle sentenze”.
Nella stessa nota della Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Anm evidenzia che “accreditando incredibilmente l’inesistente idea che il disconoscimento della responsabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri nella morte dei giovani sia derivato da un giudizio critico sulla condotta tenuta dai medesimi, giudizio che, invece, è totalmente assente nelle sentenze, travisando completamente le ragioni della motivazione delle decisioni”.
Per l’Anm Abruzzo, “le decisioni prese dalla Corte d’Appello dell’Aquila, fondandosi su valutazione probatoria dell’istruttoria svolta da un punto di vista oggettivo, non contengono, diversamente da quanto fatto apparire sugli organi di divulgazione mediatica, il minimo giudizio di valore sulla condotta delle vittime, considerato infatti che, contribuendosi a dare una immagine del tutto deformata dell’operato della magistratura aquilana, è stato anche omesso di riferire che, in altri casi analoghi, sulla base di risultanze probatorie diverse, la Corte di Appello ha affermato la responsabilità dei diversi convenuti, condannandoli al risarcimento dei danni in favore dei congiunti delle vittime”.
E aggiungono i magistrati: “nelle sentenze criticate non è emerso alcun giudizio critico con riferimento alle condotte delle vittime, mentre le conclusioni delle sentenze sono il risultato della valutazione effettuata dai giudici del compendio delle prove raccolto nel processo, le uniche che possono essere considerate ai fini della decisione, e degli oneri probatori che costituiscono le regole a cui il giudice, in applicazione della legge, deve conformarsi”.
L’Anm Abruzzo, inoltre, esprimendo solidarietà ai colleghi e all’immagine stessa della Corte d’Appello dell’Aquila, auspica “che le notizie relative a vicende tanto delicate ed oggetto di sentenze della Corte siano trattate con la necessaria attenzione e verifica delle informazioni oggetto di divulgazione, così da evitare inutili deformazioni della realtà idonee solo a creare discredito ingiustificato negli organi della magistratura – sottolineando inoltre – quanto sia importante che la legittima critica della stampa nei confronti delle decisioni del giudice sia sempre saldamente ancorata al contenuto di esse, contenuto che, pur sintetizzato per la fruizione del cittadino utente, non può mai essere omesso o alterato”.
Ben diversamente la pensa Maria Grazia Piccinini, avvocato e madre di Ilaria Rambaldi, studentessa di ingegneria morta a 25 anni sotto le macerie del terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila. In risposta alla nota della Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Anm, la mamma di Ilaria dichiara: “Nessuno ha detto che abbiano espresso giudizi, ma che cosa si ottiene a descrivere una persona con quei termini? Mia figlia non era una ossessionata dallo studio, aveva una vita completa, piena. Usciva, aveva tanti amici, un fidanzato con il quale stava progettando un futuro, una famiglia a cui era molto legata. Non era una pazza ossessiva chiusa in casa a studiare nonostante le scosse”.
E continua: “Non ci sono prove che attestino le argomentazioni sulle quali è stata fatta la sentenza – sottolinea Piccinini – Sono le mie dichiarazioni ad essere state travisate e riportate in parte, soprattutto per quanto riguarda ‘l’incubo del laboratorio’. Un errore riportato nella sentenza è quello che fa riferimento alla data del 31 marzo quando in realtà Ilaria non era all’Aquila quel giorno. Il giorno delle scosse in questione era il 30 marzo, quello sì che mia figlia lo ha passato tutto il tempo in Piazza Duomo, per paura. Poi è rientrata perché faceva freddo, come hanno fatto tutti all’Aquila”.
Piccinini fa notare anche: “Inoltre, come si fa a dire che una persona che ha passato un intero giorno sotto le macerie non è attendibile? Valeria, l’amica di mia figlia, non dimenticherà mai niente di quelle ore. Chi più di lei può raccontare cosa è successo, chi non c’era?”.