Al termine delle indagini sulla morte di Amarena, Brambilla ribadisce che, nel caso di un processo, Leidaa si costituirà parte civile
ROMA – Le indagini sulla morte dell’orsa Amarena, avvenuta la sera del 31 agosto scorso a San Benedetto dei Marsi, si sono concluse: all’uomo di 57 anni responsabile di aver sparato al fianco dell’orsa i colpi di fucile, il procuratore di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato, contesta i reati di uccisione di animale aggravata dalla crudeltà ed esplosioni pericolose in un luogo abitato. La perizia balistica ha infatti confermato che l’indagato ha sparato per uccidere, né per errore, né per spaventare l’animale. L’Organizzazione internazionale protezione animali rende noto che si è trattato di una “fucilata intenzionale ed esplosa da una distanza ravvicinata”. All’epoca dei fatti, fu impossibile soccorrere l’orsa, anche perché il proiettile calibro 12 le ha perforato un polmone.
In caso si andasse a processo, Michela Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’ambiente e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (Leidaa), ha già confermato che Leidaa si costituirà parte civile.
“Come annunciato nell’immediatezza del fatto, Leidaa si costituirà parte civile nell’eventuale processo – ribadisce Brambilla – Anche se il procedimento non restituirà la vita ad Amarena, uno dei simboli del Parco d’Abruzzo, è giusto che paghi chi ha commesso un atto così efferato e insensato, un’uccisione ispirata dal clima di guerra contro i grandi carnivori e dalla retorica del grilletto facile”.
Anche Oipa è pronta a costituirsi parte civile. “La Procura ha confermato che l’orsa al momento dello sparo era innocua – annuncia l’organizzazione – Amarena è l’ennesima vittima non solo della pericolosità sociale d’individui, cui pure si concede il porto d’armi, ma anche del clima d’odio nei confronti dei grandi carnivori fomentato in Italia da alcuni esponenti politici. Auspichiamo che si arrivi a una condanna esemplare nei confronti dell’inquisito”.
Nel frattempo, qualche giorno dopo la morte dell’orsa, l’indagato dichiarava: “Sono giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi. Hanno perfino chiamato mia madre 85enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna. Ho sbagliato, l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… I carabinieri li ho chiamati io”.