Si discuterà di rewilding e introduzione degli usi civici nei piani parco il prossimo 7 settembre a Pescasseroli
OFENA – “Ci sono due specie in via di estinzione: il pastore e l’orso. Non vogliamo una comunità a misura d’orso, ma piuttosto un territorio a misura d’orso, che offra cibo a sufficienza all’animale, una maggiore tutela per gli allevatori riguardo agli attacchi dei lupi”. Spiega ad Abruzzo Speciale Dino Rossi, coordinatore e fondatore del comitato a tutela degli agricoltori Cospa Abruzzo, candidatosi alle ultime europee nella lista Libertà di Cateno De Luca, sulle ragioni alla base dell’incontro previsto per il 7 settembre a Pescasseroli, alla Tana del Lupo, indetto dall’Associazione per la tutela rurale, di cui Rossi è vicepresidente.
L’evento si articolerà in due fasi di discussione, una incentrata sull’inclusione degli usi civici nei piani parco e la seconda sulle conseguenze effettive per il territorio abruzzese del cosiddetto “rewilding”, ovvero il concetto di restaurazione della natura selvaggia, previsto dalla legge sul ripristino della natura approvata il 17 giugno dall’Ue. In Abruzzo, dove insistono tre parchi nazionali, rispettivamente quello della Maiella, l’interregionale di Abruzzo, Lazio e Molise e Gran Sasso e Monti della Laga, oltre al parco regionale del Sirente – Velino, le nuove normative europee in materia di ripristino della natura potrebbero avere l’effetto opposto a quello desiderato, se non adeguate alle esigenze peculiari del luogo.
Tra i relatori saranno presenti la professoressa dell’Univaq Lina Calandra, esperta di montagna e conservazione ambientale in rapporto allo sviluppo locale, il presidente dell’Associazione per la tutela rurale Michele Corti, già professore presso la facoltà di Agraria dell’Università di Milano.
“La montagna è in stato di abbandono, non c’è più nessuno che la vive come prima – racconta Dino ad Abruzzo Speciale – In passato il bosco veniva curato dalle persone del luogo, i sentieri erano tenuti bene, il sottobosco era tenuto pulito, la gente non aveva paura di andarci. Adesso invece molti territori si trovano in stato di abbandono. Abbiamo mandrie di cervi che divorano tutto, e l’orso, pur di mangiare è costretto a rendersi ‘confidente’. Anziché adeguarci noi all’orso, dovremmo preparare per l’orso, i cervi e i lupi un ambiente che non li costringa ad andare a cercare di sfamarsi altrove”.
E aggiunge: “Il bosco abbandonato e non coltivato è un ambiente che non fa bene a nessuno, né agli esseri umani né alla fauna selvatica. Inoltre una fauna selvatica non curata correttamente porta all’insorgere di malattie che, alla fine, uccidono sia gli animali selvatici che quelli domestici e da allevamento”.
Per quanto riguarda la crisi del settore della pastorizia, invece, secondo Rossi “i pastori non esistono più, lo dice la Confagricoltura. Gli arrosticini che mangiamo non sono italiani. I pastori li stanno costringendo ad abbandonare le montagne con l’inclusione nei parchi degli usi civici. Con i nuovi piani parco, che appunto inglobano anche gli usi civici, gli allevatori sono costretti a presentare la valutazione di incidenza sulle mandrie in alpeggio. Considerando i risultati ottenuti sinora, vogliamo che i soldi dei parchi nazionali e regionali siano spesi bene, davvero per la tutela degli animali selvatici e di chi nella natura vive e lavora. Adesso addirittura per portare le mucche in montagna occorre fare la valutazione di incidenza ambientale. Questo ambientalismo fatto a tavolino ha distrutto la nostra storia, il nostro passato, la nostra cultura”.
Pareri simili sono stati espressi non solo dallo stesso Rossi, ma anche dal Coordinamento agricoltori e pescatori italiani (Coapi), in occasione di “No al rewilding. Sì alla tutela della natura e delle attività agropastorali”, presidio tenutosi tra la sede del Parco della Maiella e l’Eremo di Sant’Onofrio. L’evento ha inaugurato “Diritto a produrre e diritti ambientali”, rassegna di appuntamenti indetti in tutta Italia da Coapi per riflettere sulla crisi delle campagne e delle montagne e promuovere consapevolezza sui futuri effetti dell’approvazione definitiva della legge europea sul ripristino della natura. La manifestazione proseguirà il 24 giugno in Sicilia al grido di “No alla desertificazione. Prevenire incendi e garantire l’acqua”. Il 25 giugno, invece, sarà la volta dell’appuntamento calabrese, con l’incontro dal titolo “Per un piano contro la siccità – Garantire pesca, allevamento e agricoltura di territorio” e poi si concluderà il 26 giugno con il forum online “No Ogm e brevetti, per i semi liberi e agroenergie rispettose di contadini e pescatori. Per una scienza a supporto dell’agroecologia e non delle lobbies”.
“Vogliamo con le nostre iniziative scongiurare un rischio ormai concreto – ha dichiarato Gianni Fabbris, presidente del Coapi – entro i prossimi vent’anni i due terzi della popolazione italiana vivranno nelle città, e solo un terzo risiederà nei territori rurali. Ma a cosa serviranno a questo punto i territori rurali, luoghi nei quali coltivare solo parchi eolici, visto che la produzione di cibo sarà stata abbandonata? Resteranno solo per essere visitati nei weekend dai turisti provenienti dalle città selvaggia e inaccessibile ma da dove non si produrrà più il cibo, la cui produzione sarà delegata dal capitale finanziario a luoghi lontani, devastati da modalità intensive, estrattive e industriali. Questo è uno scenario che non vogliamo si avveri e che intendiamo scongiurare”.