L’Istituto nazionale di urbanistica, Italia Nostra, WWF e Ordine degli Ingegneri della Provincia di Teramo rilevano quelli che sarebbero i punti deboli della nuova legge per il governo del territorio
PESCARA – La nuova legge urbanistica, approvata la scorsa settimana dal Consiglio regionale, fa ancora discutere. Questa volta scendono in campo le sezioni regionali dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, di Italia Nostra e del WWF con l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Teramo.
“La modalità scelta dalla Regione Abruzzo per l’approvazione della nuova Legge Urbanistica sul Governo del Territorio, applicando la tagliola e quindi eliminando tutti gli emendamenti anche se utili e collaborativi – scrivono in una nota – ben sintetizza le implicazioni e gli effetti destinati a scaturire dal provvedimento”.
Le organizzazioni e le associazioni ricordano che “il 21 novembre il Consiglio regionale abruzzese ha approvato la nuova ‘Legge Urbanistica sul Governo del Territorio’, mandando in pensione la Legge Regionale 18 del 1983 ‘Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo’ – continua la nota -. Il percorso di elaborazione è stato caratterizzato da un rapido ciclo di eventi di presentazione e dalla scarsa disponibilità ad accettare le proposte migliorative avanzate dai portatori di interessi”.
Se da una parte la maggioranza guidata da Marco Marsilio ha esultato per l’approvazione della nuova norma urbanistica, le associazioni ritengono che “Purtroppo il testo approvato dal Consiglio regionale continua a mostrare le incertezze, le confusioni e i limiti che INU Abruzzo e le altre associazioni e organizzazioni hanno rilevato già nell’ambito delle audizioni di qualche mese fa presso la Commissione Territorio. A fronte della dichiarazione iniziale, totalmente condivisibile, di orientare la legge al consumo di suolo a saldo zero, rimangono oscuri alcuni dispositivi urbanistici fondamentali per la sua applicazione. Ci riferiamo in primo luogo alla cosiddetta perimetrazione del territorio urbanizzato, da predisporre entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge secondo criteri in parte interpretabili. Si tratta dell’elemento più importante della Legge Urbanistica, poiché al di fuori di esso è consentito consumo di suolo entro il limite massimo del 4% della sua superficie complessiva, a condizione che siano eseguiti interventi di desigillazione e/o di retrocessione di aree di pari misura all’interno del medesimo territorio urbanizzato. Questa ultima condizione renderà la definizione del perimetro del territorio urbanizzato un percorso denso di ambiguità e in alcuni casi, in cui è forte la pressione insediativa, difficilmente percorribile”.
Ma ci sarebbero anche altri punti deboli secondo quanto rilevato da ingegneri e associazioni: “Ad esempio l’incertezza su cosa si intenda con desigillazione nell’ambito del contenimento del consumo di suolo e come tale procedura vada trattata; il generoso e sperequato sistema di incentivi urbanistici finalizzati alla rigenerazione urbana che può dare luogo ad atteggiamenti speculativi e pertanto pericolosi contrapponendosi alla disciplina dei piani approvati; la confusione tra standard urbanistici e dotazioni territoriali; i tempi previsti per la predisposizione dei nuovi strumenti, che sebbene siano stati prolungati risulteranno sicuramente insufficienti, come ci insegna l’esperienza di altre regioni (vedi Emilia-Romagna); l’obbligo di approvare i Piani Urbanistici Comunali entro quarantotto mesi dall’approvazione della Legge Urbanistica, a fronte di una pianificazione regionale (QRR e PRP) e provinciale vetusta e con la quale ci si dovrebbe coordinare; l’incertezza della disciplina vigente nella fase di prima applicazione della legge”.